Daniele Di Giorgio lei è sempre stato così grande e grosso anche quando giocava da ragazzino?
«No, anzi. Ero piccolino e nemmeno tanto potente, al punto che secondo alcuni non avevo le caratteristiche per giocare in certi ruoli. Però ero tenace, avevo molta resistenza e volevo dimostrare che si sbagliavano. Volevo giocare a tutti i costi».
A 12 anni lei faceva il test di Cooper (3500 metri) in 12 minuti. Davvero notevole, sempre che siano dati veri.
«È tutto vero! Ma neanche me lo ricordavo. Per me era solo una motivazione per giocare bene a calcio e correre più degli altri. Volevo essere il migliore».Erano bei tempi,adesso i test li lascio fare agli altri,preferisco guardare.
Perché ha scelto il calcio e non magari la pallavolo?
«Grazie a mio padre Anacleto, che era un bravo stopper. Lui mi portava agli allenamenti e io mi sono innamorato di questo sport».
Quando finisce in panchina ha l’aria molto arrabbiata. Cosa prova in quei momenti?
«Non è un’arrabbiatura vera e propria. Tutto nasce da questo mio amore viscerale per il calcio. Ed è più un dispiacere: come quando un bambino piccolo sta giocando in cortile e viene chiamato, perché deve tornare a casa. Non riesco a nascondere le mie emozioni, non sono un robot. Ci metto tanta passione ed è normale che mi dispiaccia uscire. Ma non è niente di così grave».
Forse è questa sua aria da cattivo che lo fa pensare?
«Ma no, sono “cattivo” solo sul campo».
Quando perdete una partita come quella contro Skifterat cosa succede nello spogliatoio?
«Una sconfitta può capitare. Ma non così. Lo abbiamo capito tutti e nelle partite dopo abbiamo subito dimostrato il nostro vero carattere. Quello che succede nello spogliatoio però rimane dentro lo spogliatoio. È la regola».
Facciamo un gioco: lei presta il suo fisico a Odoriso. Cosa prenderebbe a Lorenzo in cambio?
«Sicaramente i suoi polmoni sono molto piu buoni dei miei».
Potete giocarvela con chiunque come dice Odorisio?
«In Campionato ogni secondo conta, non ci possono essere distrazioni e un pizzico di fortuna non guasta. Credo che sconfiggerci sia molto difficile per chiunque. Quindi procediamo passo dopo passo, con fiducia».
Nel tempo libero Odorisio gioca coi Lego. A lei cosa piace fare?
«Sto con la mia ragazza. E mi piace molto passeggiare col mio cane».
Razza Pitubull o rottweiler?
«No è un carlino! È piccolo, ma intelligente e forte».
Lei è molto restio a parlare di sé. Fa parte della sua educazione?
«Preferisco far parlare il campo.Finita la partita sono talmente stanco che trovo difficile dare alle interviste la giusta concentrazione».
Daniele Di Giorgio è davvero “cattivo”?
Di Giorgio è il “cattivo” del nostro campionato, ma è un’immagine autentica o costruita?
È innegabile che Daniele sia uno dei feticci del nostro campionato e che difficilmente si possa ricordare in questi ultimi anni , per la difficoltà che avremmo nel dimenticare un uomo di un metro e novanta che interpreta il ruolo di pivot travolgendo i difensori centrali ma soprattutto per la forza mediatica di un personaggio non comune. Daniele ormai, nel bene e nel male, per chi lo tifa e per chi lo odia, è uno dei simboli del nostro campionato, il nostro personaggio “cattivo” preferito, che lui stesso alimenta con atteggiamenti da duro.A parte le cattiveria agonistica, che si presume sia la stessa che hanno tutti quelli che calcano i campi da gioco e non ci sia nulla di propriamente cattivo, Daniele ha un nugolo di fan/hater che arrivano proprio dal suo stile di gioco brutalista e della sua personalità spigolosa
Ipotesi numero 1: Daniele è cattivo
Per indagare la reale cattiveria di Daniele Di Giorgio la prima cosa da chiedersi è se è cattivo con gli altri. ha una lunga storia di imbruttite intense e comportamenti sul campo che ballano sul limite sottile tra l’agonismo, la provocazione e lo sbrocco. E alcune volte ha passato il limite.
Quando la temperatura in campo si alza, non è Daniele quello che la farà abbassare. Dal campionato abbiamo una collezione preziosa di imbruttite che potevano sfociare in momenti ben peggiori: lui che Guarda cosi male il direttore di gara da gravitargli addosso fino a quasi tirargli una testata; lui che imbruttisce joussef con fare da gangster.
Adesso però chiediamoci: Daniele è cattivo con i suoi compagni? Beh, pure.
Durante l’intervista Daniele sembra buono ma tira in mezzo alcune frasi di cui nessuno che l’ha visto giocare può fidarsi. Ad esempio dice che non è un robot, che è esattamente la frase che direbbe un robot cattivo che non volesse farsi scoprire; poi gli viene chiesto se è la sua aria da cattivo a far pensare che non abbia un cuore, dietro la sua armatura metallica; lui risponde secco, «Ma no, sono “cattivo” solo sul campo», che poi è un’altra delle frasi che direi se fossi davvero cattivo cattivo e volessi nasconderlo
Ipotesi numero 2: Daniele Di Giorgio è buono
Esiste però una forza uguale e contraria che fa pensare che quella di Daniele sia solo la scorza, il guscio di una gustosa noce di bontà, o almeno di simpatia. Anche solo il fatto che Daniele sia disposto non solo a scherzarci sopra ma a metterla a profitto suo e della sua squadra mostra grande auto-ironia, e l’auto-ironia difficilmente è una caratteristica degli insensibili.Daniele dimostra un discreto attaccamento ai suoi compagni di squadra, o quantomeno un rispetto generale per tutto ciò che non lotta contro di lui (e quindi è suo alleato) che, se è possibile, lo rende ancora più un antieroe.
Il verdetto
Alla fine di questo viaggio nella personalità di Daniele probabilmente non siamo ancora riusciti a capire se sia buono o davvero cattivo. Quantitativamente la cattiveria vince sulla bontà: l’agonismo estremo dell’attaccante lo aiuta molto ad apparire sempre come un tipo quantomeno rude sul campo.